(Rotterdam 1466 o ’69 - Basilea 1536) umanista olandese. Figlio illegittimo di un prete, educato da frati agostiniani, studiò teologia in Olanda e a Parigi (ottenendo il dottorato a Torino nel 1506). Precettore privato, cominciò a preparare per i suoi allievi quegli opuscoli pedagogici che diventeranno poi, per secoli, i libri di testo della cultura europea. Discepolo ideale di Lorenzo Valla, entrò in contatto, in Inghilterra e in Italia (dove passò tre anni, 1506-09), con i più eminenti umanisti del suo tempo e cominciò lo studio del greco. Con l’Enchiridion militis christiani (1502) si fece portavoce di una riforma della chiesa ispirata a idee di tolleranza e di pace universale. A Venezia, ospite di Aldo Manuzio, lavorò agli Adagia, una raccolta di proverbi dell’antichità. Tornato in Inghilterra, nella casa di Tommaso Moro scrisse il suo libro più noto, l’Elogio della follia (Encomion Moriae seu laus stultitiae, 1511), satira scintillante e bonaria che alla demenza del mondo, avido di cose effimere, contrappone la superiore «follia» che sostiene la fede del cristiano, lo spinge a perdonare i propri nemici e a donare i propri beni. Nel 1516 E. pubblicò l’Institutio principis christiani, trattato di governo in cui, in contrasto con il Principe di Machiavelli, la morale cristiana impone alla politica la sua legge. Ma l’opera più importante e influente di E. è la prima edizione in greco del Nuovo Testamento, accompagnata da una nuova versione latina che fece scalpore, per la mancanza di alcuni versetti codificati dalla tradizione, ma assenti dai manoscritti. L’edizione di E., oggi non più valida dal punto di vista filologico, aprì la via alla critica neotestamentaria moderna, dimostrando che la Vulgata è almeno in parte inattendibile. L’opera filologica di E. proseguì con l’edizione dell’Epistolario di san Girolamo (1516-20) e con le Parafrasi, fortunatissimo commento popolare al Nuovo Testamento (1524). Ma ormai la riforma aveva messo E. in una posizione difficile, mentre la sua predicazione della tolleranza restava sempre più inascoltata. Dissociatosi dalle posizioni di Lutero con il De libero arbitrio (1524), quando a Basilea la riforma assunse atteggiamenti radicali e iconoclastici (1529), E. riparò a Friburgo per alcuni anni. Intanto erano usciti (1522) i suoi Colloqui familiari, in cui la polemica antimedievale e antimonastica raggiunge l’espressione artisticamente più felice.Sostenitore di una riforma della chiesa, e della società, che si richiama alle origini del messaggio cristiano e ai grandi esempi umani dell’antichità, e che deve attuarsi per mezzo dell’educazione, E. è il più celebre degli umanisti cristiani del Cinquecento. La sua vocazione pedagogica, alla quale restò fedele fino all’ultimo, è testimoniata dall’Epistolario, più di 3000 lettere indirizzate alle maggiori personalità contemporanee: alto è il loro valore letterario e grandissimo il loro rilievo per lo studio della storia del suo tempo.